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lunedì 28 febbraio 2011

Le regole del formicaio - Salvo Barone (Todaro Ed. 2010)


Assistere a un suicidio non è cosa da tutti giorni, ancora meno se prima di gettarsi sotto la metropolitana, ti capita di incrociare lo sguardo della vittima. È questo l’incipit di Le regole del formicaio, debutto di Salvo Barone (alla sua seconda prova) con Todaro Edizioni. Il protagonista è Efisio Sorigu, commissario di provincia trasferito a Milano, che una mattina come tante altre si trova involontariamente coinvolto nel suicidio di un uomo, e anche se normalmente i casi come questi vengono presto archiviati, quello sguardo non convince il poliziotto, tanto da spingerlo a cercare i motivi del folle gesto. Presto l’indagine si arricchirà di un altro suicidio e di alcune anomale rapine in banca che sembrano in qualche modo seguire un preciso filo di Arianna, spingendo il commissario ad andare a fondo alla storia.

Le regole del formicaio è un romanzo spiazzante, anomalo nel suo genere. Prima di tutto perché, nonostante abbia la struttura di un giallo, con protagonisti e personaggi caratteristici del genere, non presenta il fattore chiave del giallo e cioè il mistero. L’indagine del commissario Sorigu, infatti, prende subito una direzione precisa e non è affatto difficile intuire a cosa porterà; nello stesso tempo si discosta dai classici gialli per un approccio quasi documentaristico dell’autore che sembra più interessato al contorno della vicenda piuttosto che ai fatti veri e propri. Barone ci presenta una società italiana attualissima, in cui politica e malaffare si mescolano e dove, in piena campagna elettorale, i mass media (e di conseguenza l’opinione popolare) viene pesantemente condizionata da una precisa strategia. La Milano di Barone è una metropoli caotica, quasi alla deriva, che a tratti ricorda la Chicago degli anni ’30 in mano alla criminalità organizzata, e Sorigu con la sua squadra “vivacchiano” cercando di limitare i danni. Una visione che l’autore sintetizza in un finale amaro in cui è la disillusione l’elemento dominante.

Nonostante una struttura e una storia abbastanza solide, lo stile dell’autore risulta spesso troppo ingombrante, leggendo si ha la netta sensazione di una sua eccessiva presenza che va a discapito dei personaggi, lasciati al margine. Lo stesso Sorigu è un uomo con cui si fa difficoltà a immedesimarsi, agisce poco, non si sa tanto del suo passato, la sua vita è quanto di più disordinato possa immaginarsi (e quindi anche poco originale, visti i vari commissari narrati dagli autori italiani). L’autore racconta troppo, spesso interrompe anche i dialoghi con riflessioni che spezzano il ritmo, e paradossalmente risulta migliore il personaggio dell’ispettore Ballabio, un quasi alter ego del commissario, molto più diretto e semplice e per cui si prova subito affetto e simpatia. Poco sviluppati, inoltre, i personaggi femminili, in particolare Carlotta, la compagna del commissario, tenuta per tutto il libro ai margini, quasi fosse soltanto un effetto di disturbo.

In definitiva, va dato atto a Barone di aver scattato un’interessante (ma deprimente) fotografia dell’Italia attuale e di essersi documentato a fondo dando una contemporaneità ammirevole alla storia, ma quando la parte documentaristica di un romanzo sopraffa quella narrativa, è inevitabile che tutta la struttura del libro ne risenta, soprattutto quando si tratta di un giallo in cui pathos e ritmo dovrebbero essere parti integranti e irrinunciabili della storia.

Articolo di Marcello Gagliani Caputo

Dettagli del libro
  • Listino € 16,00
  • Editore Todaro
  • Collana Impronte
  • Data uscita 01/10/2010
  • Pagine 250
  • Lingua Italiano
  • EAN 9788886981897

3 commenti:

Martina S. ha detto...

Interessante recensione per conoscere piùda vicino i gialli della casa editrice Todaro, che mi incuriosiscono molto.

Cristing ha detto...

Il titolo mi incuriosisce molto, ottima analisi Marcello!

Anonimo ha detto...

Sembrerebbe che le regole non si addicono ad una città senza regole. Questa Milano mi incuriosisce !
grazie Marcello. Ciao Ilario.